Un'altra Europa è possibile: è l'orizzonte, aperto dai movimenti sociali antiliberali, che segna un nuovo percorso per costruire l'Europa dei popoli. Il «no» al Trattato costituzionale dei referendum francese e olandese, nella primavera del 2005, non rappresenta il fallimento dei popoli e dell'Europa, ma il segnale di una crisi duplice: quella dell'orientamento neoliberista della costruzione europea e quella del processo non democratico, basato su intese tra Stati, senza l'intervento dei popoli. Le élites hanno preteso di esercitare un potere costituente che non appartiene loro, attraverso il «trattato che istituisce una costituzione per l'Europa», criticato dai movimenti sociali antiliberisti sia per i metodi che adotta, sia per i contenuti. Occorre colmare il deficit democratico che caratterizza l'attuale costruzione dell'Unione europea. Le mobilitazioni europee dei primi anni del ventunesimo secolo contro la guerra, il liberismo e il razzismo, quelle contro l'annullamento delle conquiste sociali, la privatizzazione dei servizi pubblici e a favore della garanzia dei diritti universali, hanno spianato la strada all'elaborazione di un progetto di «Carta dei principi dell'altra Europa», che vogliamo sottoporre a discussione pubblica. I principi dell'altra Europa sono di pari importanza e si basano su: - la cittadinanza europea di residenza i diritti sociali, il diritto al lavoro e i diritti del lavoro, unica soluzione per sradicare la povertà, l'esclusione e le privazioni un'economia socialmente equa, sostenibile da un punto di vista ambientale e gestita in maniera democratica. Lo spazio europeo non si identifica con lo spazio dell'Unione europea: il processo di allargamento compiuto attraverso politiche neoliberiste provoca nei paesi dell'Europa orientale (ma anche occidentale) disoccupazione, povertà, esclusione, oltre ad alimentare lo sciovinismo. La costruzione delle Comunità europee e dell'Unione europea ha accentuato, con il passare del tempo, la supremazia dei governi e il ruolo centrale del mercato e delle imprese private, i pilastri sui quali sono state strutturate le relazioni economiche e sociali, oltre che le stesse istituzioni. Ormai ci si trova di fronte a una «costituzione economica», dato che le leggi di mercato, che costituiscono il cuore dei trattati, prevalgono sulle decisioni pubbliche democratiche, in contrapposizione evidente con gli stessi principi ispiratori delle carte costituzionali del ventesimo secolo. Al contrario, bisogna affermare la priorità dei diritti sociali fondamentali, che richiedono un'altra economia in grado di promuovere i beni comuni naturali (la terra, l'acqua, l'aria e l'energia) e i servizi pubblici. Occorre avviare di nuovo un vasto processo di riappropriazione sociale (nuove forme di proprietà sociale) per soddisfare tutti i bisogni sociali e consentire uno sviluppo ambientale sostenibile. L'Europa che vogliamo si basa sulla preminenza dei diritti di ciascuno e ciascuna, e sul principio fondamentale della partecipazione diretta dei cittadini e delle cittadine alle decisioni pubbliche e collettive. L'Europa deve essere un'unione di popoli liberamente associati, basata sulla democrazia costituzionale e su uno spazio pubblico che travalichi le frontiere, caratterizzato dalla democrazia a ogni livello. |